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FRANCESCO URSO E LA LIBRERIA, DAL PRIMO SOGNO AD ALTRI SOGNI (30-12-2015) Per altri video sull’attività e gli eventi della Libreria Editrice Urso CLICCA QUI |
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MAGGIO DEI LIBRI - LEGGERE FA CRESCERE Libri e lettura NON BASTA UN GIORNO, NÉ UN PROGETTO QUALSIASI DI BREVE DURATA, PER ESALTARE E PROMUOVERE LA BELLEZZA DELLA LETTURA E DELLA LIBERTÀ... CI VUOLE IMPEGNO CONTINUO! Ci siamo impegnati in appuntamenti con letture e libri da ottobre in poi molto spesso, al "Caia" di Avola. Con poeti e scrittori della nostra Libreria Editrice Urso e con la partecipazione di lettori e potenziali scrittori. |
UNA DEDICA A CICCIO URSO DA ANGELO PALMERI, IL SOLO CHE AD AVOLA FA RIVIVERE I LIBRI IL PRIMO POST DI PAGINE SPARSE E' DEL 6 FEBBRAIO 2015. Angelo Palmeri
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Noi della Libreria Editrice Urso giustamente non ci facciamo illusioni sulla vendita di libri (ce ne occupiamo quasi a tempo perso da oltre quarant’anni), ma è straordinario quel che accade, o può accadere, per merito dei libri e di chi se ne occupa.
L'AMORE PER LA LETTURA, I NOSTRI LIBRI E LE LIBRERIE... SPECIALI! Passeggiavano Liliana Calabrese, Lilia e Ciccio Urso, e, durante quella lunga camminata, incontrarono una Libreria con grandi vetrine e con tanti libri. La sorpresa per i tre fu nel vedere che sotto i portici, lì davanti a quella Libreria, c'era un espositore a cassonetto con tanti libri usati e non, che potevi prendere nella misura massima di due a persona, o con la possibilità di poter lasciare lì i propri libri. Ciascuno dei tre fu affascinato, com'è da sempre quando si tratta di libri, da quella possibilità.. Ciccio scelse anche un libro per Moustafa, oltre ad uno per sé, e i tre tornarono a casa con la sensazione di essere più ricchi del momento prima di quell'incontro casuale e straordinario! Oggi 3 febbraio 2017 è arrivata da quella libreria del Nord Italia una richiesta di un libro da noi pubblicato. Si ordinava da quella libreria, proprio da quella! il libro di Eleonora Nicolaci, da noi pubblicato, quello che la nostra autrice netina ha scritto sulla sua famiglia, la famiglia Nicolaci (e che vendiamo per dodici Euro, quasi due Euro per ogni secolo della storia di quella famiglia!...). Nel confezionare il pacco ci siamo ricordati di quel cassonetto in legno sotto i portici, lì davanti a quella libreria con immense vetrate... A quel punto dentro il pacco abbiamo inserito dei libri in omaggio da collocare in quel cassonetto in legno per i lettori che fruiscono di quel servizio gratuito... Era il minimo che potevamo fare per quella Libreria speciale! DICE ANGELO PALMERI: “(...) Il nostro rapporto con i libri è totale.Vivo e dormo in mezzo ai libri, li tocco, forse, senza volerlo, li accarezzo anche. Comunque mi piace moltissimo anche la sensazione tattile che mi trasmettono. E quella olfattiva? Un fiore, ognuro di loro è come un fiore. Alcuni puzzano anche, quelli fatti con carta riciclata. Ce n'è uno così puzzolente che non sono riuscito a leggere. È un romanzo di Eco, una burla, di certo, fatta da quel grande, ironico scrittore! |
La libreria che legge Sono rimasto piuttosto sorpreso dell'iniziativa del Comune di Avola di candidare la città per ottenere la “qualifica di città che legge”, come se il leggere, facoltà che dovrebbe essere assai normalissima per il genere umano, sia questione eccezionale al punto da farla assurgere ad attività che merita un qualche riconoscimento. Non capisco l'iniziativa; non capisco la necessità ed il merito di attribuire una qualifica del genere. A riguardo del leggere, posso solo fare testimonianza della mia personale esperienza e di come questa “naturale” attività umana sia diventata per me, questo sì, qualcosa di eccezionale. Nel corso della mia esistenza ho sempre letto, di tutto, anche cose insignificanti ma non per questo meno importanti, anzi! Ma c'è stato un momento in cui la mia via ha preso una direzione diversa, che oggi posso dire essere stata assolutamente autentica. Era il mese di ottobre del 2002, ricorderò sempre questo giorno, e mi trovavo ad Avola in Piazza Umberto I. Da un po' di tempo, per ragioni che non intendo declinare, mi ero avvicinato con molta curiosità alla filosofia buddista e una mia amica del nord Italia, conosciuta su uno di quei social all'epoca in voga e con la quale tuttora condivido momenti di veloci saluti, mi disse che avrei potuto attingere la storia di Buddha dal poderoso romanzo “La vita di Siddhartha il Buddha” di Thich Nhat Hanh. Si trattava, quindi, di reperire questo romanzo, cosa non proprio facile dal momento che ad Avola in quel periodo (ma potrei dire anche tuttora) non c'erano librerie e meno che meno librerie fornite. C'era e “viveva” in Avola soltanto la libreria di Ciccio Urso. Ero ritornato ad Avola da qualche anno, ma non conoscevo Ciccio Urso e la sua libreria anche se – devo ammetterlo – ogni volta che ci passavo vicino, quel luogo suscitava in me un sentimento ambivalente: una morbosa curiosità per i libri esposti e per il luogo che vedevo molto ristretto; timore per la distanza che la figura del titolare faceva trasparire ai miei occhi. Per molto, tanto tempo decisi di evitare quel luogo. Ma la tentazione di entrarci era davvero tanta ed insistente. Come le avances di una donna, che con la sua bellezza desta nell'uomo ogni sorta di pulsione – anche e soprattutto erotica -, allo stesso modo quella libreria emetteva un richiamo al quale non potevo non rispondere. Ne sarebbe uscita danneggiata la mia stessa “virilità”. Accadde quindi che in quel giorno del mese di ottobre, verso l'orario di chiusura, mi presi di animo e coraggio ed entrai nella libreria di Ciccio Urso, credendo che, data l'ora tardi, non vi avrei trovato nessuno. Niente di più errato! Al suo interno c'era ogni sorta di persona, non ricordo quanti fossero, ma ricordo che l'estrazione sociale e culturale dei presenti era davvero molto variegata e non riuscivo a capacitarmi come fosse possibile che quel luogo quasi angusto potesse contenere un gran numero di persone. Buonasera , salutai io con garbo e timidezza. Buonasera , mi rispose l'omone dietro quel bancone, che forse aveva capito la mia timidezza e decise in quel momento di accogliermi con un sorriso, a dire il vero poco smagliante. Gli chiesi del romanzo che stavo cercando, che peraltro conosceva ma non aveva disponibile, e che mi ordinò e ritirai dopo qualche giorno. Tra noi due si instaurò da subito una fitta conversazione nel corso della quale egli mi chiese di cosa mi occupassi e dove vivessi. Rimase entusiasta nell'apprendere delle mie letture che per la verità a quel tempo erano tutt'altro che importanti. L'entusiasmo che dimostrava era forse legato più al fatto che io leggessi, cosa alquanto rara, dovetti pensare. Mi invitò ad iscrivermi alla mailing list del suo sito ed appresi che la libreria non solo vendeva libri ma li pubblicava anche: lui, Ciccio Urso, era editore in Avola. Mi invitò anche a scrivere qualche mia riflessione sugli argomenti che io intendessi trattare, senza alcun timore di dire le cose che pensavo. Apprendevo, in quel momento, un senso di libertà che non avevo mai provato prima di allora. Da quel giorno, frequentai con assiduità la libreria ed iniziai veramente a leggere. Iniziai a leggere Dante e la sua Divina Commedia, in particolare la cantica dell'Inferno, la quale destò in me una curiosità tale al punto da dedicarle una lettura approfondita per ben due volte. Portammo Dante in pizzeria, approfondendo le questioni sociali, politiche, culturali sottese al suo capolavoro. Mi resi conto del materiale immane che quell'opera conteneva in termini di conoscenza e dei sentimenti che suscitavano in me ogni canto che leggevo e studiavo, al punto che mia moglie, vedendomi assorto nella lettura per diverse ore, mi chiese cosa stessi leggendo, e, scoprendo che si trattava dell'Inferno di Dante, ne rimase molto preoccupata, perché pensò che fosse mia intenzione ritornare sui banchi di scuola. La qual cosa non m'avrebbe affatto dispiaciuto. Ricordo di essere rimasto molto turbato e dispiaciuto della storia d'amore di Paolo e Francesca, nel quinto canto dell'Inferno, trovando oltremodo ingiusto la punizione che, seppure indirettamente, Dante avesse riservato loro. Non trovavo giusto, anzi lo trovavo profondamente ingiusto punire l'amore; un amore autentico, seppure adultero, tra due persone. Giunsi alla conclusione che nonostante la punizione eterna, i due amanti vedevano trionfare comunque il loro amore, sebbene nel dolore del cammino infernale, essendo rimasti insieme. Non è forse questa una metafora della vita in comune? Della condivisione che poggia le sue fondamenta sul dolore? Capii che l'amore e il dolore erano le facce di una stessa medaglia: il vivere. Dante aveva suscitato in me il vero senso della vita. Non lo avrei scoperto senza le mie letture del canto dell'Inferno e non sarei, quindi, riuscito a dare alcuna lettura agli eventi che avrebbero poi caratterizzato e caratterizzeranno la mia esistenza. Scoprii poi Leonardo Sciascia. Non lo conoscevo prima di allora, se non per averlo sentito dire; non conoscevo la sua idea in merito al fenomeno Mafia. E devo ammettere che io, dal lato della mia professione, avevo una cognizione del fenomeno molto limitata e per niente letteraria. Non avevo mai considerato la Mafia come “sistema” che agisse nel sistema statale; come struttura che si avvalesse e sfruttasse la struttura statale e gli uomini che ne fanno parte. E non sapevo che il fenomeno mafioso in Sicilia era misconosciuto perché legato ad un modello culturale che, anche per ragioni storiche, rifiutava che dovesse essere soltanto lo Stato l'unico soggetto legittimato a dettare le regole del gioco. Non conoscevo l'impostura e Padre Vella me ne diede occasione ne “Il Consiglio d'Egitto”, facendomi dono di apprendere una “virtù” piuttosto invalsa nel genere umano. Non conoscevo Ettore Majorana, né sapevo della sua scomparsa e delle ragioni che sono state paventate al riguardo. Leggendo il libro “La scomparsa di Majorana”, al di là del fatto di cronaca relativo alla sua improvvisa scomparsa e dell'attività scientifica svolta dal fisico siciliano vissuto negli anni del secondo conflitto mondiale, ciò che mi hanno positivamente sorpreso leggendo il libro sono state le questioni filosofiche e morali sottese alle ragioni della sua scomparsa dalla scena nazionale, ragioni che mi hanno fatto molto riflettere sulle scelte che gli uomini possono fare per affermare una loro idea di libertà e di moralità che sia utile a tutta l'umanità anche a scapito della loro stessa personale esistenza. Luigi Pirandello fu per me un'irruzione nella mia esistenza, ma prima di lui “studiai” approfonditamente Sigmund Freud, che lo stesso Pirandello mi spiegò attraverso i canoni della letteratura. Scoprii che la verità risiede nell'inconscio, una dimensione oscura nella quale risiedono tutti i desideri indicibili dell'uomo; che il sogno è l'unica “strada maestra” perché questa verità possa venire alla luce; che l'uomo, per vivere socialmente, deve essere qualcun altro e non può essere autenticamente se stesso perché ne verrebbe meno la stessa esistenza sociale. Ho scoperto che ogni “personaggio” agisce attraverso una maschera che lo fa apparire come tale agli occhi degli altri, ma la persona che è in lui è conosciuta forse solo (o neanche) a se stesso. La lettura di Pirandello mi ha insegnato a riconoscere l'autenticità nelle persone con le quali la vita mi dà motivo di relazionarmi. Fu poi il turno di Italo Calvino, un autore a me totalmente sconosciuto, di cui iniziai a leggere “Marcovaldo”, scoprendo una evidente sensibilità dello scrittore verso i problemi socio-ambientali, per poi proseguire la lettura della trilogia “I nostri antenati: Il barone rampante, il cavaliere inesistente e il visconte dimezzato”. Di Calvino ho letto tutto e ritengo che il suo capolavoro è rappresentato da quell'incompiuto “Lezioni americane”. Senza la lettura di Calvino non avrei mani scoperto il pulviscolo della esistenza, ossia quella apparente insignificanza che dà senso ed essenza al nostro inutile esistere. Venne poi il turno di Vitaliano Brancati, con la sua tragica ed ironica sicilianità, e quello di Gesualdo Bufalino, con la sua scrittura ermetica, riservata a pochi veri lettori, e poi Consolo, con il suo raccontare della Sicilia “di qua dal faro”. E tanti altri ancora. E poi fu la filosofia classica, quella greca, e quindi Anassimandro, Anassimene, Talete, Eraclito, Parmenide ma soprattutto Socrate, Platone e Aristotele, pensatori che mi diedero il pregio di scoprire che le cose di cui oggi noi parliamo e pensiamo, essi le avevano già oltremodo sviscerate e che la filosofia “nasce già grande” perché è dentro di ognuno di noi, basta farla emergere che ci permette di approntare un modello di ragionamento avulso dalla banalità e dai luoghi comuni: la filosofia darebbe, per esempio, una risposta tutt'altro che banale alla iniziativa del Comune di Avola, ma non è il caso di scomodarla. Ci furono poi le passeggiate filosofiche domenicali, denominate per iniziativa di Ciccio Urso “I Peripatetici di Eloro”, dove passeggiando si andava discorrendo di questioni filosofiche che avevano una stretta relazione con la nostra quotidianità. Mi rendo conto ora di aver sprecato tanto tempo prima di conoscere la libreria di Ciccio Urso e che nonostante i miei studi, quelli per così dire istituzionali e professionali, e nonostante i tanti esami sostenuti, nessuno di questi e nessun percorso formativo mi ha mai dato la sazietà delle letture che autonomamente, ma grazie alla libreria di Ciccio Urso e di tutto l'universo che le gravitava attorno, ho intrapreso e tuttora intraprendo. Nessun interesse ha mai mosso il mio bisogno di leggere che non fosse quello di apprendere e di cercare di trovare, nella lettura, una direttrice che mi portasse nel verso giusto, verso una conoscenza che implicasse anche un impegno morale. D'altronde ho capito che i Maestri che avevo letto (e tuttora rileggo), sebbene indirettamente, avevano tutti dimostrato che attraverso la scrittura e quindi la lettura era possibile pensare ad una società in grado di esprimere un alto profilo morale, che prendesse in considerazione l'umano al di là di ogni interesse individualistico. Con il tempo imparai a conoscere meglio Ciccio Urso e la sua compagna di vita, la moglie Liliana, e mi accorsi di una cosa che non riuscii a comprendere subito: mi ci volle un po' di tempo sebbene tutti ne parlassero. A lui non interessa vendere il prodotto anche perché quel prodotto si chiama libro ed il libro è un qualcosa di sacro, non può costituire soltanto merce di scambio. Certo egli vive di libri ma, parafrasando una celebre canzone di Guccini, dico che vendere non rientra tra i suoi rischi. A lui interessa semplicemente aggregare, mettere insieme, condividere perché egli crede che dalla condivisione possa nascere qualcosa di buono. Lontano da ogni logica di potere ed economica, che mortifica l'umano e lo rende al tempo stesso merce di scambio, Ciccio continua ancora imperterrito a percorrere la sua strada, con convinzione, mettendo insieme tutti e tutto e nonostante l'imperante nichilismo, soprattutto culturale, che circonda e caratterizza la realtà in cui viviamo, senza che le istituzioni facciano alcunché, pur pretendendo riconoscimenti. Ma di cosa parliamo? La scrittura e la lettura – lo ripeto – devono tramutarsi in impegno morale! E per dirla in termini più concreti, dovete pensare che l'ultima trovata che questo sant'uomo si è inventato è stata quella di leggere i libri in libreria. Una cosa piuttosto normale, direte voi. Ed è talmente normale che nessuno ha pensato di proporre la libreria di Ciccio Urso quale destinataria di un riconoscimento ufficiale. E sarebbe giusto che il riconoscimento che eventualmente verrà accreditato alla città di Avola, quale città che legge, sia dato nella giusta misura anche alla libreria di Ciccio Urso dal momento che in quella percentuale di lettori dovranno essere necessariamente compresi quantomeno quei pazzi che la domenica pomeriggio, a volte sfidando ogni sorta di intemperia, dedicano il loro tempo alla lettura dei libri. Ecco l'impegno morale. Ma posso dire ormai di conoscere un po' Ciccio Urso e so che rifiuterebbe un tale riconoscimento perché lo riterrebbe assolutamente banale e non in linea col suo modo di pensare e di vivere. Personalmente non sarei riuscito da solo a fare letture importanti, non sarei riuscito ad elevarmi moralmente se non avessi fatto quelle letture, non sarei stato ciò che sono, cioè una persona, se non avessi avuto la fortuna di conoscere Ciccio Urso e di frequentarne la libreria; non sarei ciò che sono se non avessi fatto la conoscenza di persone – ormai miei amici da diversi anni – che, trasmettendomi la passione e l'impegno per la lettura, mi hanno dato tanto sotto il profilo morale. Sarò vecchio e prima o poi dovrò confrontarmi con un rammarico che sin d'ora avverto in modo assillante: non essere riuscito a leggere altri libri per il tempo che mi rimarrà da vivere. Aspetterò un'altra vita e mi rifarò.
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CHE LIBRO POSSO OFFRIRTI?
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IN QUEL COVO DI POETICA RESISTENZA CIVILE ...Ecco i codici di riconoscimento del libraio indipendente: il modo, la selezione fatta appositamente per ogni singolo lettore e l’instancabile impegno profuso. Il modo è la grazia con cui si sanno porgere le donne, quelle della La Rinascita di Empoli o Monica Bellomini e le sue figlie Debora e Simona della Libreria Fogola di Pisa. Fogola è uno dei cognomi di quei primi librai ambulanti che nel Cinquecento scendevano dal pontremolese, gerle in spalla e carichi come somari, per andare a vendere in città i loro almanacchi, i lunari e i poemi cavallereschi.
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RICEVIAMO DA UN NOSTRO AMICO LETTORE OLANDESE Librerie Feltrinelli, Librerie Mondadori, Giunti al punto, ecc... |
ASCOLTA L'INTERO AUDIO DELLA MANIFESTAZIONE |
Avola 18 APRILE 2009, alle 9,00 'La favola e il suo utilizzo nella scuola primaria per stimolare la fantasia dei bambini' è stato il tema di un incontro promosso dalla Libreria Editrice Urso con la collaborazione della Direzione didattica del II Circolo. Salvatrice Pirreco
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UN LIBRO PER RAGAZZI - INCONTRO CON L'AUTRICE Antonio Dell'Albani in Il Giornale di Sicilia 23 aprile 2009 |
GLI ALUNNI DEL CAIA A LEZIONE CON LA SCRITTRICE PIRRECO
Una lezione del tutto inconsueta quella che negli scorsi giorni ha coinvolto gli alunni del Secondo Circolo Didattico A. Caia, e che ha avuto per protagonista la scrittrice siracusana Salvatrice Pirreco, autrice del recente libro per ragazzi dal titolo La nuvola che voleva andare sulla Luna ed altre fiabe. L'appuntamento si inserisce nell'ambito del progetto Voliamo in biblioteca... Promozione alla lettura», curato dall'insegnante Concettina Costa. La Pirreco ha intrattenuto i piccoli studenti, provenienti dalle seconde e terze classi, leggendo tre delle fiabe contenute nell'opera, stimolando, così, i vivaci interventi dei bambini, affascinati dal fantastico mondo della fiaba. Nuvole, goccioline, alberi, bamboline, gatte, insetti, sono i protagonisti della scena narrativa che, seppur immersa nell'atmosfera magica tipica della fiaba, rivela il vissuto dell'autrice, che parte dal contesto della realtà per descrivere i sogni, le aspirazioni, i desideri che costituiscono il nucleo tematico del mondo delle fiabe. La raccolta colpisce per la linearità e la semplicità del linguaggio, capace di arrivare dritto al cuore dei bambini, ed è arricchita da disegni ed illustrazioni che nascono dalle matite colorate dell'autrice, lasciando libero spazio all'immaginazione. D'altronde, La nuvola che voleva andare sulla Luna, che dà il titolo all'intera opera, probabilmente vuol essere una trasposizione letteraria dell'io dell'autrice che vuole raggiungere la Luna, quel posto mitizzato in tanti racconti e che incanta, col suo volto luminoso, gli abitanti della terra. L'appuntamento e stato anche un modo per rendere gli alunni consapevoli del fatto che dietro un racconto o una poesia che leggono in classe con le maestre, c'è sempre una persona in carne ed ossa, che quando partorisce i suoi scritti guarda anche all'ipotetico lettore, come nel caso degli scritti destinati ai ragazzi dalla Pirreco. CENZINA SALEMI in LA SICILIA 24 aprile 2009 |
Le foto dell'incontro in libreria con Marinella Fiume Marinella Fiume, Celeste Aida - Una storia siciliana Anno 1933, XI dell'era fascista. In un Villaggio siciliano, un ventenne commerciante di vini uccide la cognatina di cinque anni seppellendola viva. La relazione adulterina con l'ancor giovane suocera e la paura che la bambina possa rivelarla al padre emigrato in America, induce i due amanti a liberarsi della scomoda testimone. Al processo, la difesa della donna ha buon gioco nell'affermare la non punibilità per il reato di adulterio, mancando la querela del coniuge offeso. Così, si condanna a morte il giovane "debosciato", assolvendo la madre per insufficienza di prove anche dell'imputazione di procurato aborto, che il Codice Rocco punisce severamente, in quanto sovvertitore della famiglia e perciò, come l'adulterio, reato contro lo Stato. |
Fahrenheit
Fahrenheit è la trasmissione sui libri di radio 3 che va in onda da lunedì a venerdì dalle 15.OO alle 18.OO I redattori si mettono in collegamento con ascoltatori-lettori e librai sui libri letti o venduti o consigliati intervista di Radio 3
Lo
scrittore Giorgio Morale interviene in AGORÀ Quando
sono partito, nel 72, ad Avola cera abbastanza dibattito,
ma il giovanil furore mi portava a voler essere in
prima linea, lì dove si avvertiva esserci uno
scontro più alto e un dibattito più avanzato: Milano,
che era per eccellenza la città della modernità
in Italia, soprattutto agli occhi di chi abitava al sud. Per me,
per la mia maturazione, per quello che potevo riportare agli amici
nei miei ritorni, nei primi anni più frequenti che in seguito,
andava bene così.
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LE
DONNE LEGGONO PIÙ DEGLI UOMINI L'indice di lettura
rilevato dall'Istat sta lentamente salendo: 41 italiani su 100 leggono
almeno un libro all'anno, rispetto ai 35 di dieci anni fa. Le donne
leggono più degli uomini (47 per cento contro 35 per cento)
e mostrano preferenze e gusti diversi nella scelta dei titoli. Gli
uomini sono più interessati alla saggistica e - in seconda
battuta - ai generi collegati al tempo libero (fotografia, cinema,
arte, musica, hobbistica), ai fumetti e all'informatica, le donne
sono maggiormente attratte dalla narrativa, soprattutto italiana. (LEGGERE PER TUTTI, Anno 1, N. 1 maggio 2005) |
"[...]Mi
piace la libreria come luogo. Amo la mano che stabilisce il legame tra lo
scrittore e il lettore. Il libraio è l'amico del libro; non di tutti
i libri ma di quelli che considera tali da essere trasmessi al lettore.
Gli scrittori hanno torto a non frequentare di più questi luoghi.
Non per vedere se le loro opere sono messe ben in evidenza, ma per rendersi
conto di come vive un libro, come circola di mano in mano, come qualcuno
lo sfoglia, ne legge qualche riga, poi lo rimette a posto, o lo lascia sull'orlo
del banco, oppure decide di farne l'amico di qualche notte.
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CORRIERE DELLA SERA CULTURA
Venerdì 16 FEBBRAIO 2001 Passato e futuro Alla scoperta delle piccole realtà italiane dove, tra specializzazione e idealismo, si cerca di contrastare l'inarrestabile ascesa dei megastore di modello internazionale LIBRERIE L'ultima avventura di Don Chisciotte di Stefano Bucci Il libraio è un Don Chisciotte. Come spiegare altrimenti, se non con una letteraria follia alla maniera dell'hidalgo della Mancia, la scelta di quel Francesco Urso, che ad Avola (nella libreria probabilmente più a Sud d'ltalia) propone pubblicazioni, come Le siciliane di Giacomo Pilati o come Le Sirene e l'Isola di Giovanni Stella, all'apparenza lontane da ogni possibile tentazione di best-seller persino in un megastore d'ultima generazione. E ancora come giustificare in altro modo (nel tempo dei bookshop aperti fino a mezzanotte con presentazioni, miniconcerti rock e spuntini vegetariani) I'impegno di quella Maria Calabrò che regola aperture e chiusure del suo piccolo studio bibliografico di Trevignano Romano con quelli dell'influenza, dei grandi temporali o delle commissioni in città? La loro è una scelta che (secondo l'ottica dei maghi del merchandising) risulta spiegabile soltanto con una parola: follia. Alla maniera di Don Chisciotte. Sono tempi duri per le milletrecento vere librerie italiane, di cui trecento (le più grandi e le più aggiornate) in grado di coprire da sole la metà del fatturato totale dell'intero canale nazionale. Tempi duri che penalizzano, in particolare, gli spazi di tipo generalista (quelli insomma «modello boutique" con i grandi successi editoriali in bella vista) e quelli senza vizi né virtù o, meglio, senza carattere. E che privilegiano, al contrario, i grandi scaffali multinazionali e iperefficienti: veri e propri ibridi tra il supermercato, lo spaccio, il tendone di piazza e la bancarella. Dove il libraio non può essere più quell'affascinante incrocio (alla maniera dell'Anthony Hopkins pre-Hannibal-the-Cannibal di "84 Charing Cross Road") tra l'amanuense, il copista, il bancarellaio pontremolese, il sensale, l'editore, il legatore, il tipografo, il cartolaio e lo stampatore. Un affascinante incrocio che (secondo tradizione) non vendeva soltanto romanzi e saggi ma anche almanacchi, spartiti e chincaglierie di divario genere. Per fortuna il futuro del libro non è però soltanto quello giocato sul filo delle migliaia di metri quadrati da riempire con centosessanta nuove uscite giornaliere (oltre cinquantottomila in un anno), ma può essere anche nelle mani di questi "idealisti della pagina", nonostante si tratti di un universo fragile, che si apre e si chiude con regolarità atavica. Continuando, da sempre, a ignorare i mutamenti di tempi e modi dell'editoria: dal print-on-demand (la stampa su misura) alla recentissima pretiratura (in pratica duecentocinquanta copie di assaggio da inviare ai librai prima della pubblicazione vera e propria, per evitare rischi e rese). E scegliendo di proporre ai lettori cataloghi oltre ogni possibile tentazione di guadagno. Come nel caso della "Società per edizioni scelte" di Firenze che (sul Lungarno Guicciardini a pochi passi dall'appena inaugurata "Biblioteca Harold Acton") offre, tra arredi di gusto neoclassico e sedie appartenute a Enrico Caruso, riproduzioni su carta del mediceo Trattato di bicchierografia di Giovanni Maggi, cataloghi sulle Botteghe di mobilieri in Toscana dal 1780 al 1900 o spartiti dell'Estro poetico armonico di Benedetto Marcello. Si tratta di realtà fuori degli attuali standard di mercato e spesso fuori anche dall'ordinario, che talvolta hanno involontariamente lo stesso sapore della neogotica "Lello & Irmao Bookshop" a Porto o della trendissima "Magma" a Londra e che continuano a rivestire un proprio ruolo sociale specifico. In crisi sono soprattutto gli spazi "modello boutique" senza carattere e con proposte legate soltanto ai best-seller. Ad esempio nelle piccole città di provincia dove la libreria continua a rappresentare un reale punto di riferimento e di aggregazione alla pari del municipio, della farmacia o del tabaccaio. Persino oggi, quando il mestiere del libraio non è più lo stesso e quando la libreria non corre più il rischio di diventare (a seconda delle necessità) luogo di incontro di scrittori e intellettuali, fucina di scambio di informazioni e di cultura, rifugio di perseguitati politici, tana di cospiratori, punto di appuntamento per spie. Lontani sono i tempi in cui Metternich "progettava un'organizzazione di tutta l'editoria dell'Impero capace di ridimensionare lo straripante potere dei librai". Eppure qualcosa di quell'idea di libreria come luogo di cultura continua a esistere (sia pur assai fragilmente tanto che qualcuna di loro potrebbe essersi addirittura chiusa nell'arco di questo stesso articolo) in una "Libreria del mare" di Milano o di Palermo, nel "Becco Giallo" di Oderzo (provincia di Pordenone) che assembla tutto quanto fa "lettura per bambino", nella "Pergamena" di Courmayeur dove si ritrovano storie di montagne e scalate. Oppure nella libreria dell'Isola della Maddalena (specializzata in oceani e arcipelaghi), nell'"Argo" di Lecce interamente votata agli scrittori dell'altra Europa, nella "Popolare" di Grosseto con i suoi libri su Etruschi e Maremma o nella "Casa Azzurra", lungo la statale dei Giovi (tra Milano e Portofino), che mette in vendita riedizioni d'autore del De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio. Chi scommetterebbe oggi su un futuro sicuro e tranquillo per il "Viaggiatore immaginario" di Arezzo (che non sconfina mai da guide e taccuini di grandi viaggi magari in versi), per l'"Alberti" di Verbania che parla soltanto (o quasi) di Lago Maggiore, sulla "Pecorini" di Foro Bonaparte a Milano (dotata di rari erbari settecenteschi e di bibliografie) o sulla "Aristodemo Ferri" dell'Aquila che ha in catalogo la riproduzione della Perdonanza di Collemaggio curata dall'Abate Tarcisio Manetti. Eppure sono proprio piccoli spazi come questi che (alla pari di grandi e storiche librerie capaci di mantenere intatto il sapore delle proprie origini come la "Hoepli" di Milano, la "Herder" di Roma, la "Colonnese" o la "Guida" di Napoli) ad avere ancora qualche speranza. Una speranza che contraddice addirittura la logica che vuole ormai il libraio trasformato "in un esperto di marketing, psicologia della vendita, di informatica, di programmazione e di controllo, di gestione dello stock o di rotazione dei titoli" mentre sembra preistoria il tempo in cui Giorgio Amendola, proprio in qualità di commesso di libreria, assolveva (vendendo le Fiabe di La Fontaine o Gli indifferenti di Moravia) "I'unico lavoro che abbia mai fatto come dipendente da un padrone": a Napoli, agli ordini del "buon signor Johannowsky", dalla primavera del 1929 al marzo del 1931. Nessuno vuole fermare il tempo ma si può comunque cercare di renderlo più a misura d'uomo. È giusto che ci siano i grandi spazi tanto amati da giovani ma è anche giusto che agli stessi giovani sia offerta (oltre alla possibilità di utilizzare biblioteche scolastiche finalmente aperte e aggiornate) I'opportunità di conoscere l'altra faccia della libreria. Quella destinata a essere schiacciata senza possibilità di scampo dalle attuali strategie di marketing, quella simboleggiata dalla mitica (e purtroppo scomparsa) "signora Adriana" della "Carù" di Gallarate. Quella dei Don Chisciotte. STEFANO BUCCI |
CORRIERE DELLA SERA lunedì 9 marzo 1998
MALCOSTUME Lo sport nazionale di chiedere volumi in omaggio. Un vizio già denunciato da Papini: si compra tutto, ma non la cultura Dateci un libro purché sia gratis, siamo italiani C'è uno spettro che si aggira per le case editrici italiane: il libro-omaggio. Non c'è giorno che passi che gli editori non ricevano decine di lettere di scuole, biblioteche, centri culturali, carceri, parrocchie, istituti di cultura, rna anche privati cittadini, che immancabilmente chiedono, tra il depresso e il disperato, di poter essere aiutati a costituire la loro biblioteca. Mancando di fondi, fanno la questua presso gli editori, sperando che qualcuno si lasci intenerire il cuore. Cominciano quasi tutte così: «Dal momento che l'esiguo bilancio non permette l'acquisto, almeno per il momento, di alcun tipo di materiale...»; oppure: « Come certo saprete, le amministrazioni pubbliche sono sempre ostacolate dall'esiguità delle risorse economiche, Vi saremo perciò grati...». Qualcuno ha idee molto chiare di ciò che vuole e stila un lungo elenco di testi che l'editore dovrebbe inviare in omaggio. Alcune amministrazioni, per offrire qualcosa in cambio, sarebbero disposte a istituire, « con apposito atto consiliare », un albo delle case editrici che invieranno libri-omaggio; qualche altra si sobbarcherebbe l'onere di apporre sui libri la scritta: «Donazione della casa editrice »; qualche altra ancora assicura che, al momento delle disponibilità finanziarie, «sarete sicuramente tra i nostri fornitori». Diceva
bene Papini nel suo pamphlet su «Le disgrazie del libro in Italia»
che, quando un italiano desidera leggere un libro, uno de modi più frequenti
per averlo è chiederlo in omaggio all'editore o all'autore, o di farselo
regalare da qualcuno che lo ha ricevuto gratis da uno dei due, oppure di
chiederlo in prestito a un amico, col segreto proposito di non restituirglielo
più. Solo quando questi e vari altri modi di procacciarsi l'opera ambita
(non escluso il furto, che risulta in aumento nelle librerie, comprese quelle
religiose) si rivelano impraticabili; solo quando ogni tentativo viene frustrato,
solo allora, chi non può proprio rinunciare al desiderio o alla necessità
di leggere, « prende - concludeva Papini - una decisione eroica e sceglie
l'ultimo e disperato mezzo: compra il libro con i suoi denari». La gente
che fa richiesta di libri-omaggio all'editore naturalmente non si fa nemmeno
sfiorare dal dubbio che le case editrici non sono degli istituti di beneficienza,
e che stanno in piedi proprio perché tentano di vendere i libri che fanno,
non perché li regalano. A leggere le lettere che giungono alle case editrici
c'è comunque da restare stupefatti dalla quantità di motivi che
vengono addotti a sostegno delle richieste. E anche se a volte c'è il
sospetto che qualcuno pensi - o finga di pensare - che i libri non costano niente,
non c'è dubbio che queste lettere offrono in genere un'immagine desolata
della situazione in cui versano le biblioteche. Giuliano Vigini |
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