L’Anima è il luogo
dove possiamo trovare tutte le
risposte
per rinascere e ricreare
una vita autentica e dignitosa
È piacevole e confortante scoprire che, proprio a una
spanna da te, esiste uno spirito letterario, magari, senza averlo sospettato
per una serie di motivi plausibili, non ultimo la vita convulsa e frenetica dei
giorni nostri.
Per chi, come me, è appassionato di poesia e
letteratura, questa scoperta è una sorta di riconciliazione con
l’umanità, che sembra sprofondata, in questo scorcio di inizio
secolo, nell’effimero volgente alla stupidità diffusa.
Poetare è come uscire da un porto delle nebbie
dall’aria greve e asfittica per approdare in un’isola felice dove poter
respirare un’aria aprica…
Se la poesia è “bella”, dunque, nondimeno lo è la
scoperta di una sua neofita.
Nel caso in ispecie, ho scoperto una poetessa,
mimetizzata in un “sottobosco scolastico”, che è pieno oggigiorno di pruni e
rovi, dove spesso virtude e conoscenza latitano e cui nomi strani sono dovere, dottrina e sapere.
“Musica dell’anima ...luogo e
scrigno dell’Umanità” è un florilegio di 29 poesie (comprensive di lettera
e canzone), pervase da una freschezza espressiva che non fa venire meno la
percezione di una profondità di pensiero e di uno spessore culturale non
comune. Un’aggettivazione raffinata conferisce una certa classe artistica che
fa pendant con la classe femminile che le ha prodotte con la spontaneità di una
fonte rupestre. Sono 29 lampi del cuore e
dell’intelletto, che mostrano un’aria poetica corredata di un ritmo incalzante,
mai convulso; si bevono tutto d’un fiato, senza singhiozzi.
Il lettore assorbe il messaggio e lo fa suo. Non è la
poesia dell’autrice, non è la poesia assimilabile a questo o a quell’autore, ma
dell’umanità stessa, che si interroga per
giungere, in campo metafisico, ad una risposta soddisfacente ai mille perché
della vita, per trovare l’arcano principio di tutte le cose che quasi sempre,
lasciandoci confusi e disorientati, ci sfugge o svanisce.
Leggendo le liriche si respira un’aura volontaristica
di esistenza, d’affermazione quasi dispotica del vivere per la vita, non per la
farsa. Non una sdolcinatura, nessuna concessione alla sterile e vieta retorica, ma schioppettate di verità che bucano la bruma di
ipocrisia untuosa che caratterizza il mondo odierno. È un inno alla vita,
l’affermazione della superiore armonia morale e spirituale dell’uomo che vive
lottando, gioendo, piangendo, perdendo e vincendo. Si avverte, quasi scandita,
una tensione passionale, mai ferina, tanto meno stucchevole, dell’uomo che vive
tra gli uomini, dell’uomo che vive la sua vita nel suo
tempo, ma che crede nel suo passato e ha fiducia nel suo futuro.
La poesia non ha, infatti, una collocazione temporale, perché l’essenza di verità che emana abbraccia l’intera storia
dell’umanità. I versi trasmettono al fruitore una
musicalità dolce ed arcana, una flebile e subliminale melodia e lo conducono verso le terre
dell’ignoto e del mistero del mondo interiore, facendolo galleggiare smagato
in una nuova dimensione di lucida autocoscienza, intesa come attività
riflessiva del pensiero che consente di avviare, appunto, un processo di
introspezione rivolto alla conoscenza degli aspetti più profondi dell’essere.
“Il Tempo”, poesia veramente notevole,
rappresenta, in un certo senso, la summa della poetica dell’autrice, in quanto esprime la sua filosofia della vita: un mix ben
riuscito di corporeità (Esseri cosmici vaganti nello spazio dell’universo
infinito...) e spiritualità (L’anima, antenna invisibile,
veicolo sottile e immortale...).
“Inno alla Natura” è una preghiera alla Natura. Si intravede un paradigma di «panteismo trascendente», che tende a risolversi
nella concezione più generale, secondo cui Dio è immanente alla Natura e non
solo si disvela, ma si realizza anche nelle cose. A tal proposito, nel Vangelo
apocrifo di Tommaso si legge: Io sono la Luce: quella che sta
sopra ogni cosa; io sono il Tutto: il Tutto è uscito da me e il Tutto è
ritornato in me. Fendi il legno, e io sono là; solleva
la pietra e là mi troverai.
“Petali di Vita” tratta il tema dell’infinito. Camminare oltre i/
confini naturali/ del mondo, in un/ presente invisibile,/
senza tempo… sono cinque versi che esprimono chiaramente un
anelito al superamento delle categorie dello spazio e del tempo, quindi, dei
limiti della vita. La forza evocativa della immaginazione consente di spaziare
nell’eterno e di rifugiarsi nell’infinito per raggiungere l’immortalità
metafisica dell’anima. Leopardi c’è riuscito. Leopardi è il nostro Maestro.
Nella “Innocenza perduta” il divenire dell’esistenza
è vissuto come momento fuggevole che l’essere, perduto il candore
dell’innocenza, non potrà più recuperare. Serpeggia un sottile velo di
malinconia misto al pessimismo della ragione.
In “Alito di Vita” c’è la conferma: la Vita è
rappresentata come ..un perenne chiaroscuro, che non
dà scampo… ed è come ...un labirinto segnato dal fatale
destino… E, tuttavia, l’autrice ci indica l’Amore come via
d’uscita dal labirinto, una sorta di filo d’Arianna, che ci potrà salvare dal
nichilismo di un’esistenza a senso unico. Questo Amore, nell’accezione platonica, insieme alla ricerca incessante del bene e
della verità, è inteso come una panacea e come la luce di un faro che ci indica
l’imbocco di un porto.
“La Vanità delle sorti umane” è una lirica che tratta il tema delle illusioni. La
vita stessa dell’uomo… di invisibili
brandelli di Ego vestito… su per la via dell’inganno… è una
corsa disperata verso il nulla, un susseguirsi di atti sconnessi e senza valore… che termina con la vecchiaia e la morte. È, comunque,
un invito a vivere bene il tempo, a vivere con gioia il presente e a non
credere o sperare in cose che sono destinate, prima o poi,
a scomparire.
“Il Fiore della Vita” e “Ai cari estinti” trattano, con immagini
diverse ma identica emozione, il tema della fragilità umana e del transeunte
passaggio terreno.
Con “A una persona molto speciale” tocca con discrezione e
tenero pudore il tema dei sentimenti affettivi: è una lettera al padre defunto
rimata con commozione misurata perché mediata dalla consapevolezza
dell’ineluttabilità della morte che, come una spada di Damocle, ci accompagna
costantemente.
L’accorata lirica “I semi della Speranza” ha un taglio didascalico.
L’autrice leva alto e solenne il grido evangelico dell’Amore universale;
manifesta un pervicace ottimismo della volontà, che si sostanzia nella speranza
che la granitica roccia del disimpegno si frantumi e sparga il seme del bene e
della libertà in questo atomo del male.
L’“Arcobaleno degli oppressi” è una poesia di denuncia
di grande intensità; come un torrente in piena le immagini poetiche travolgono
il lettore con la loro forza evocativa e tracima la pacata indignazione dell’artista, che rifiuta lo sterile ruolo degli onesti con il
bavaglio. Il sentimento della solidarietà per l’uomo che soffre supera gli
angusti confini del proprio particulare nazionale per abbracciare
l’umanità intera e levare un grido di dolore anche quando il malanimo degli
oppressori colpisce in luoghi remoti non solo geograficamente, ma anche
culturalmente. L’alterna storia delle vicende umane ci pone spettatori passivi
delle tragedie di popoli che l’un contro l’altro
combattono un’assurda lotta per la sopraffazione dell’uomo sull’uomo, ma è qui
il discrimine tra l’impegno civile di un animo sensibile e sodale e la
superficialità di chi conduce una vita ad interim.
In un mondo dominato dalla ricerca continua del vacuo,
dell’effimero, di una penosa superficialità, di un doloso disimpegno, del
consumo scellerato, usata come narcotico per lenire l’insoddisfazione
strisciante che serpeggia nella vita dell’uomo e come viatico nella tragica
corsa verso il baratro del nulla, l’autrice ci suggerisce “Il Tesoro dentro di noi” per superare di slancio
quella che io chiamo la menata della vita
L’Anima è il luogo dove possiamo trovare tutte le
risposte per rinascere e ricreare una vita autentica e dignitosa. È la sua
ricetta poetica: sta a noi assorbirla o respingerla.
A. Borgh
Pachino,
novembre 2010
Lunedì 9 maggio 2011 alle ore 17,30
A PACHINO AL III ITITUTO COMPRENSIVO "G. VERGA"
Viale Aldo Moro n. 151
PRESENTAZIONE del libro della prof.ssa Mary Di Martino, "Musica dell'anima".
INTERVERRANNO il Dirigente scolastico Giuseppe Morana, l'editore Francesco Urso e il prof. Angelo Borgh.
NOVITA' DI APRILE 2011
Mary Di Martino
Musica dell'anima
2011, 8°, pp. 72
€ 12,00
Collana Opera prima n. 27
ISBN 978-88-96071-44-1
Mary Di Martino nata a Toronto (Canada), coniugata con due figli, vive a Pachino (SR) dove insegna.
Dopo la maturità scientifica consegue a Catania il Diploma accademico in Pianoforte (vecchio ordinamento). Nell’anno 1982/'83 partecipa al Concorso a cattedre a fini abilitanti per la scuola secondaria di primo grado e lo vince. Nell’anno successivo è docente titolare presso il 4° I. C. “V. Brancati” di Pachino e dal 2000 presta servizio presso il 3° I. C. “G. Verga”, nella stessa sede di titolarità.
Oltre alla musica - il suo primo amore - è appassionata di letteratura classica e moderna, arti figurative, filosofia, discipline orientali ed argomenti correlati.
Fin da adolescente ha sempre nutrito interesse per l’arte poetica. Già dai tempi del liceo scriveva, ma in maniera discontinua, brevi componimenti che rispecchiavano i suoi sentimenti, la sua vita. Tra il 1995 e il 1997 ha ricominciato a scrivere qualche poesia. Poi, a partire dal 2002, la svolta; tra una parentesi e l’altra, fino ad oggi, ha scritto la sua prima raccolta di poesie, data alle stampe con la Libreria Editrice Urso.
Non ha mai partecipato a nessun concorso di poesia ed è alla sua prima esperienza editoriale. |