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PER “OMBRE DI FELICITÀ” DI GIOVANNI MANNA

 

copertina Manna“Ciò che sottovoce vado raccontandoti somiglia tanto a lontananze addormentate” perché “…noi siamo in preda ad una medesima trepidante dedizione al mistero (B. Pasternàk ), versi, questi, che si assimilano a quel mistero primordiale che riguarda l’esistere come intima essenza dell’uomo e che spesso reca con sé quell’angoscia irrisolta, quel tormento insoluto e quella riflessione mai appagata mentre nel tempo si ritrovano le ragioni dell’accadere e il mistero si fa fascinoso sentire di una vita che, nel raggiungere una meta non prevista né tantomeno desiderata, si schiude di nuovo alla vita.

Ma per quale motivo parlare di mistero quando il lavoro di Giovanni Manna porta  il titolo di “Ombre di felicità”? La risposta viene da sé e sale alle labbra non solo sillabando le parole di un ossimoro tanto ricercato quanto coinvolgente, ma anche osservando le stesse tonalità di colore della copertina, vista come tavola sinottica e che assumono da una parte i toni del reale, per divenire nell’altra emblema di una scena onirica, quasi visionaria, una scena che rammenta la sensazione di freddo come metafora di una perdita, di un abbandono, di una lontananza non di cuore bensì geografica, di un vivere “barbaro” tra le “ brume algenti” di una città ove la parlata si fa diversa e la comunicazione rasenta la distanza.

Già il titolo dell’opera è di per sé un mistero, quel “misterium” che a fronte di quella figura provoca una reazione di incertezza non priva di fascino che, richiamando alla mente la sinonimia della parola, diventa immagine che cela e rivela, che si mostra e si ritrae, ed è essa stessa icona di un “battello ebbro” di significati che nell’animo umano trova acque perigliose e calme, approdi sicuri e deserti arenili, notti buie e giorni chiari. Trova la vita… perché “nel vecchio albergo della terra…/la vita è adesso” (e) sei tu che spingi avanti il cuore per ritrovarti insieme a quel “sound of silence”, a percorrere “strade strette e ciottolose” per andare in cerca di quella chiave di volta che regge l’intera impalcatura del romanzo: l’Amore.

L’Amore insieme ai battiti di un cuore serrato dentro un lunedì come tanti altri “che vorresti non arrivassero mai”, un cuore colmo di ricordi struggenti, di tanta tenerezza, di tanto rumore che si ascolta dalla solitudine che fa quella casa tanto vuota e deserta; di un bimbo disabile che ha “un’età difficile da decifrare”, perché della vita ha già capito tutto e nella sua “spiccata sensibilità” ha captato le lacrime che luccicano negli occhi spenti della madre e “l’ennesima sigaretta” fumata da un padre lontano, ostinato a non voler comprendere che anche “l’arcobaleno vive di colori differenti” e si ritrae dietro un muro di paura per  nuovo alito di vita, lontana dall’essere certa e quasi per riprova annunciata; di due “particelle” che si scambiano geroglifici d’amore e già proiettate nel futuro, prorompono in ruoli parentali e si sfiorano con dita ossute.

E così… mentre “Il pomeriggio sta per alzarsi dalla sedia per far accomodare la sera” lungo quel viale alberato vedi incedere “Ombre di felicità” condivise e spezzate, infrante e volute, violentate o nella mente per sempre cullate.

“Ombre di felicità” che fanno cogliere attimi e dimenticare eternità, che lasciano senza fiato e fanno volare, perché quella manciata di velato romanticismo e quella sensazione di infinita malinconia servono a far emergere i tesori nascosti nell’animo di ciascuno dei personaggi dato che, come dice lo stesso B. Pasternàk, “vivere la vita non è attraversare un campo” e il sole e vento, il mare e le nubi, i vulcani e le vette, l’amore e l’odio, la felicità e la delusione, sono anch’essi parte di quelle  “Ombre di felicità” che ti tendono la mano “mentre il caos di nuovo sbuca alla luce/ come ai tempi dei fossili”. (B. Pasternàk)

Ed è proprio nei fossili che si deve ricercare quella sicilianità fatta non di vuote parole ma di gesti ospitali e cortesi, di affetti generosi e silenzi accoglienti, che ti circonda di vivace amicizia e calde attenzioni, che incanta con quel suo dire “contaminato” da culture diverse e nei luoghi fa sentire il profumo di passi di storia e impronte di lettere e arte antica. Quella sicilianità che si specchia nei suo sapori e nei suoi colori come nella tonalità del suo mare e nella sete della sua terra. Quella stessa sicilianità che con fiera voce chiede di essere ascoltata, capita,considerata, accolta… nello spazio e nel tempo di idee che escludono e impongono, che non aiutano e chiedono, che allontano e non legano. Ed è nel sentire di questa sicilianità che va ricercato il germe suadente di quel “mal di Sicilia”, isola fatta anche di vivide contraddizioni e lucenti chiaroscuri,  che quando ti prende non ti lascia più perché, per dirla con i versi di H. L. Quintana… laggiù “C’è gente/che, solo dicendo una parola,/accende l’illusione e accende i roseti,/che, solo con un sorriso negli occhi,/ci invita viaggiare in altre zone,/ci fa esplorare tutta la magia”.

LuciaLucia Bonanni
15 aprile 2011

Giovanni Manna, Ombre di felicità,
2011, cm 16 x 22, pp. 112, 12,00
Collana Mneme n. 31 – ISBN 978-88-96071-42-7
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Ottima scrittura quella di Lucia, ottimo regalo a quanti fanno parte del gruppo OMBRE DI FELICITA' su Facebook, profonda analisi, la sua, a seguito della lettura di questo romanzo straordinario di Manna.
Lucia, con ritmo qualificato di scrittura, si dedica a una bella pagina di critica letteraria, sa descrivere bene, partendo dal libro, le luci e le ombre della vita (felice!) attraverso altre sue letture, e attraverso l'ordito del romanzo di Manna.
Che bellla cosa sapere leggere, e anche scrivere!
''Vivere la vita non è attraversare un campo, diceva proprio'' Pasternak...
Per Giovanni Manna vivere la vita ha rappresentato un percorso impegnativo, ha significato sperimentare l'emigrazione, i viaggi in treno o in aereo, la conoscenza diretta dei ritmi della gente e questo lo ha portato a riflettere sulla condizione umana, senza perdere mai la sua sottile ironia. Così Giovanni si è trovato a intrecciare la storia tra il Veneto e la Sicilia, con un piede a Vicenza e l'altro, a Gela, e con la testa in entrambi i posti (e anche altrove, sicuro!). Qui, nella mia Sicilia sono le sue radici e Lucia, che scrive dalla Toscana, sa essere anche generosa nel cogliere la ricchezza della cultura siciliana che fa da substrato al romanzo, quella cultura fatta di tante contaminazioni, per il privilegio di essere al centro del Mediterraneo, e per questo, aperta alle novità e all'accoglienza.
Stupendo, alla fine, quel riferimento dotto al poeta Quintana, splendido descrittore, come pochi, di emozioni di cui, forse, solo il genere umano può avere consapevolezza.

Francesco Urso

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    La classifica per i libri venduti in Italia è realizzata dalla società Nielsen Bookscan, analizzando i dati delle copie vendute ogni settimana, raccolti presso un campione di 1100 librerie rappresentative del territorio nazionale. La rilevazione è stata pubblicata in Tuttolibri, in LA STAMPA di Sabato 16 aprile 2011 e si riferisce alla settimana dal 3 al 9 aprile 2011.

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