PER POESIE D'ESTATE DI CETTINA LASCIA CIRINNA'
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Noto è una malia. Come Cupido
colpisce e cattura. Andarci è facile, fuggirla assai meno. L’amo, l’odio, la
cerco, l’accarezzo, la detesto, la sfuggo…E’ la quintessenza di questa Sicilia,
novella Atlantide ma anche novella Anadiomene, che scompare per poi riapparire,
emergendo dalle azzurre acque marine.
Quel “Giardino di
pietra”, come la definì Cesare Brandi, lancia ammiccamenti occulti, saette
infiammate, ammaliante canto per le orecchie degli Ulisse di turno. Perché “la
pietra è Dio e non sa di esserlo e il fatto di non saperlo la determina in
quanto tale”, scriveva Corrado Sofia, che privilegiava i silenzi comunicativi ‘Nta-Alloy, l’ora del primo pomeriggio in
cui Cristo fu condotto sul Golgota. E Mario Zuppardo e Gaetano Gangi, nella
loro Guida per godere della città
magica, avvertono che si riesce persino a immaginare il “canto visivo delle
piogge cadenti come veli di fontane” e così “entrare in sintonia con l’anima di
Noto”.
Perché sto scrivendo di Noto,
città della quale non si finirebbe di parlare e scrivere?
La ragione sta nel
fatto che in questa settimana di tarda primavera, per i tipi della libreria
editrice Urso, ha visto la luce un libro, Poesie
d’estate, frutto di quattro mani. Due dell’autrice Cettina Lascia Cirinnà,
che a Noto è nata e vi ha trascorso buona parte della vita, prima di
trasferirsi per ragioni di lavoro a Erba, dove ora vive, non facendo tuttavia mancare
le sue periodiche incursioni a Itaca. Le altre due sono di Fabio Montalto, in
arte Mont’, figura poliedrica, nato a Catania, alle pendici dell’Etna che avrà
influito sulla sua personalità e dimorante a Noto dove lavora, schierato
concettualmente per la fotografia intesa come “scrittura di luce”…
Nella copertina a colori del
libro campeggia una foto di Mont’ che riprende un cappello bianco a folte
larghe avvinto da una lunga fascia rossa, sigillata da una rosa dello stesso
colore, che sventola; il tutto sospeso su un campo di grano dove l’oggetto
proietta la sua ombra.
Foto assai simile, ma in bianco e
nero e col cappello più in alto e su una distesa più ampia di grano che
all’orizzonte porta un albero secolare, si trova all’interno del libro, sotto
la poesia titolata “Nel vento… vola un cappello di paglia” che è “…desiderio di
vivere un’estate insolita fino all’ultimo respiro anelante/ di un’Anima
girovaga per le vie del Mondo…”
Coesistono in perfetta simbiosi
le foto e le poesie: le une, tutte rigorosamente in bianco e nero, le altre,
parole annerite su fogli bianchi.
Ho netta la sensazione che
l’autrice, avute in mano quelle splendide foto d’arte vera, di alto profilo e
frutto di mani esperte e felici, sia stata ispirata, una ad una, da quella
“realtà” che, come avvertiva Eugenio Montale, è errato credere “…sia quella che
si vede”, ricavandone versi frutto della immaginazione più emotiva o dei
ricordi più cogenti. Per comunicare a se stessa prima, lavandosene il cuore, e
al lettore poi, le sensazioni che promanano da persone, fatti, cose, di quella
città con un nome breve, ma una storia lunga, che è posta nel cuore di Sicilia,
che a sua volta è il cuore del mediterraneo e forse anche del pianeta.
Queste Poesie d’estate sono state “… scritte al sole di Sicilia/un’estate
anomala, un’estate adulta/ un’estate in perenne trasformazione…” e quella che
dà il titolo alla raccolta è ispirata al fideismo dei netini mentre il Santo
Patrono “San Corrado” inizia la “…faticosa salita sui gradini della maestosa
Cattedrale”.
Il gelataio grida, ogni … “Anima/…chiude
il cuore ferito in una gabbia/nel carcere della vita/ (e vi) rimarrà per sempre
prigioniero”.
All’Agliastrello, il quartiere arabo, “Vicoli
si rincorrono”, mentre “Un viaggio a ritroso nel tempo/mi porta nel posto
sicuro/… sule pareti di questa stanza”.
Davanti la scalinata della Cattedrale
“Ansima la rondine… in agonia/… l’occhio ancora vivo lotta per vivere/… le ali
non servono più/… Non vola”. Una metafora? La poesia è soprattutto metafora, la
foto coglie l’attimo, il verso lo descrive e questo libro non si sottrae a
questo suo dovere che è anche mezzo e fine.
La foto a piena pagina delle dita
incrociate di una donna anziana dalla pelle rugata è quella della cara zia
Virginia, ormai colpita dalla “Decadenza” del corpo e della mente ma che
l’autrice vuole “…ricordare/bella come un tempo…”
Due gusci essiccati di mandorle
siamesi evidenziano un cuore grande un’intera pagina: è “la via delle mandorle”
(dedicata a Margherita). E di “…mandorle amare/hanno il sapore/queste lacrime
che scendono finalmente spontanee/dagli occhi persi/a ricordare il profilo di
un volto scolpito dentro il cuore…”.
Un corpo di donna nudo, seni
coperti dalla tenda trasparente d’un balcone, ricorda quello i cui occhi …
“sono ciechi d’amore/che una volta splendeva/in questa stanza (che la tiene)
prigioniera”.
Nel buio di un bosco sotto alberi
secolari, di spalle col giubbotto e le mani in tasca c’è un “uomo (che) è solo
/quando nasce/quando muore/…nella follia…dentro il labirinto/senza uscita/…
nella ragnatela della sua mente/… nella solitudine eterna/della sua anima”.
Il mare crespo che si vede tra le
pale di fichi d’india è quello di “Taormina/…arroccata su un promontorio/…
maestosa e aristocratica…” lì posta “…per allietare gli occhi e la mente”.
Un pallone poggiato accanto a una
grondaia che scende da un vecchio muro di cortile, è “nostalgia di voci di
bambini…/”ma “…la vita crudele
calpesta i sentimenti senza nessuna pietà.”
“Un grammofono fermo
ostinatamente/sull’ultima parola di una canzone d’altri tempi / sdride
nell’aria…/…ricordi del passato appaiono più vivi/il presente scompare
inghiottito dal nulla”.
“E adesso … guardo i resti / ai miei
piedi/… e finalmente / un sentimento d’amore/… (mi) riporta al grembo materno/
dove si tende a ritornare/con la Morte eterna”.
Una donna sdraiata dorme su un
cuscino di nuvole; se ne vede il volto, i lunghi capelli, le braccia. Il corpo
è nascosto dalla foschia nuvolosa che tutto avvolge. Da lontano la luna
illuminata diffonde la luce sulle guancie, sui gomiti. I versi che accompagnano
questa foto sono i seguenti:”Poesia Zen/illuminazioni/nel buio del cuore/mi
rintano /ho paura!”.
Si potrebbe e forse si dovrebbe
continuare nella carrellata di versi scelti casualmente.
Lo farà il lettore certamente gustando con palato fine sia le immagini
che le poesie da queste ispirate.
In un libretto di cinquantasei
foto e altrettante composizioni c’è uno spaccato della Sicilia e dell’autrice,
netina d.o.c. che fa onore e merito alla sua e nostra terra, con un lavoro
gioioso che l’ha impegnata e allietata la scorsa estate e che ora è destinato a
lunga durata e ad un apprezzamento di pubblico dell’Isola a tre punte e di altrove.
Giovanni
Stella
IN LIBRERIA DAL 14 MAGGIO 2001
Cettina Lascia Cirinnà, Poesie d'estate, 2011, 8°, pp. 96,
illustrazioni di Fabio Montalto
€ 12,00
Collana OPERA PRIMA n. 23
Cettina Lascia Cirinnà nasce a Noto (SR) il 29 gennaio 1959, si diploma al Liceo Scientifico E. Majorana di Noto e si iscrive alla facoltà di Lettere Moderne dell’Università di Catania. Per motivi personali e di lavoro si trasferisce in Lombardia dove si occupa principalmente della famiglia e lavora nella Pubblica Amministrazione.Ha iniziato a scrivere le proprie emozioni da due anni circa, dopo aver assistito in prima persona alla trasformazione dei tratti del viso di una madre a causa di un evento doloroso.
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